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GREACUM EST: LEGI NON POTEST!

Questo articolo vuole essere un viaggio tragicomico in una delle materie che si studiano durante i cinque anni del nostro liceo, quella che caratterizza maggiormente il nostro corso di studi, e cioè il greco.


No, è solo il titolo di un articolo di giornale, non potete dirlo sempre alla prof. che tenta invano di correggervi dal pronunciare “kaì” (che sembra il lamento di un cane) la congiunzione “καί”! D’accordo, il greco è una materia ostica, ma va affrontata con coraggio!

Per essere più precisi, nei manoscritti medievali, quando gli amanuensi non riuscivano a decifrare alcuni passi nel corso della traduzione, poiché scritti in greco, lingua a loro sconosciuta … quasi quanto a noi ‘classicisti’, si limitavano ad ometterli (oggi utilizzeremmo le parentesi ed i puntini sospensivi, con la scritta, latina e quindi più comprensibile, … forse …, “omissis”), aggiungendo la frase “graeca sunt, non leguntur”, cioè “sono cose scritte in greco, non si leggono”.

È questa la sensazione che molti studenti provano ancora oggi, quando, per “colpa” del greco, decidono di non iscriversi al liceo classico.

Per i più temerari, invece, la prima lezione, nella quale quasi sempre ci viene insegnato a scrivere l’alfabeto, è elettrizzante, perché sembra un rito di iniziazione ad una setta di ‘menti superiori’, ad un sapere per pochi eletti … neanche fossimo dei novelli pitagorici!

Si procede con i primi vocaboli (ma quasi tutti, avendo un’infarinatura di latino, non trovano difficoltà nel declinare i ‘casi’, che per di più in greco sono solo cinque), e con i primi verbi al tempo presente.

Beh? In fondo cosa c’era di difficile? È poco più complesso che tradurre “the pen is on the table”. Tanta paura per niente? Beh, aspettate qualche mese…

Infatti, ad un certo punto il gioco si fa duro! Arriva la terza declinazione, che in realtà potrebbe essere considerata la terza, la quarta, la quinta, la sesta e la settima messe insieme. E gli aggettivi di seconda classe? E i comparativi irregolari? E i pronomi?

D’accordo. Ci vuole molto studio ed una buona memoria. Ma ancora ce la si può fare! Anche il futuro è comprensibile, ed in fondo anche l’aoristo I (il nostro passato remoto, a voler brutalmente semplificare per quelli del primo anno) ha delle regole non impossibili.

A ben riflettere, anche la letteratura, che si inizia dal terzo anno, è affascinante. E, se si studia bene, grazie anche all’aiuto della filosofia, ci consente addirittura di tradurre più facilmente quelle versioni complesse, piene di sottintesi, participi predicativi ed anacoluti, tipiche del triennio.

Già con i verbi in –μι, però, le nostre poche certezze cominciano a vacillare: “sono” o “vado”? È questione di accenti e spiriti. Per non parlare di alcuni participi ingannatori.

Il colpo di grazia? Quando si scopre che di aoristi ce ne sono non uno ma tre (uno, nessuno e centomila, parafrasando Pirandello) e che, per di più, ci sono innumerevoli eccezioni. Perché da τρέχω (corro) si arriva a έδραμον (corsi)? Per quale magia si passa da λέγω (dico) a είπον (dissi)?

“Μολών λαβέ” (aoristi dai verbi βλώσκω e λαμβάνω, tanto per fare qualche altro esempio…), “Vieni a prendermi”, disse, in tono di sfida, il re di Sparta Leonida al re persiano Serse che gli intimava di consegnare le armi ed arrendersi, data la palese inferiorità. Ecco, il greco è una sfida, che ci invita a vincerla. Però … a pensarci bene, tutti sappiamo come è finita alle Termopili!


Enrica Piazza, III F

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