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SAN PIETROBURGO, LA CITTÀ CHE “IN DUE MODI SI RAGGIUNGE”

  • giornalinoliceoumb
  • 1 gen 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

“La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi da mare”: così, prendendo a prestito le parole di Italo Calvino, si potrebbe iniziare a descrivere San Pietroburgo, l’antica Pietrogrado (dal nome dello Zar Pietro il Grande che ne fece iniziare la costruzione nel ‘700), poi diventata Leningrado (in omaggio al politico, protagonista della Rivoluzione d’Ottobre del 1917), ed oggi amichevolmente chiamata dai russi (dei quali oltre cinque milioni vivono proprio lì) “Piter”.

In effetti San Pietroburgo si può raggiungere con il treno da Mosca, in un luuuuuuungo viaggio su un treno che somiglia più all’Hogwarts Express che alle moderne Frecce di Trenitalia, attraversando la steppa sconfinata e malinconica che scorre fuori dai finestrini, immutabile, per ore ed ore, ed arrivando alla stazione centrale Moskovsky, in pieno centro città. Oppure si può ammirare tutta la bellezza e lo splendore di una delle Venezia del nord attraccando con una nave da crociera nel porto posto sul delta del fiume Neva.

La Prospettiva Nevskij (l’enorme strada principale: infatti il termine “prospettiva” andrebbe in realtà tradotto con “corso”), il museo dell’Ermitage, il Palazzo di Caterina, Peterhof, i famosi teatri Mariinsky e Bolshoi, templi del balletto classico, le splendide chiese dalle guglie d’oro, un giro in battello sulla Neva ed i suoi canali… Cos’altro può chiedere un turista ad una capitale europea?

Il mistero! Ed infatti c’è un palazzo, a San Pietroburgo, che nasconde i segreti di una storia degna del miglior thriller di Hitchcock: il suo nome è Palazzo Yusupov.

Tra storia e leggenda, in questo palazzo favoloso, che all’apice del suo splendore conservava collezioni di Rembrandt, mobili antichi, arazzi e ceramiche preziose, pare sia stato assassinato Rasputin, il diabolico consigliere privato dei Romanov, considerato un santone/guaritore, molto influente sullo Zar Nicola II … con le tragiche conseguenze a tutti note.

Ebbene, Rasputin era già sfuggito a due tentativi di assassinio: persino un rappresentante della Dieta (il locale “parlamento”) aveva provato a sparargli, ma la pistola si era inceppata due volte; alla fine Rasputin aveva preso l’arma in mano ed essa, magicamente, aveva ripreso a funzionare. Nulla di strano, quindi, che egli fosse temuto e considerato immortale quasi quanto un Highlander!

Ma torniamo a Palazzo Yusupov, in una notte di dicembre del 1916. Il principe Feliks Yusupov ed alcuni altri nobili avevano invitato Rasputin a cena, allo scopo di assassinarlo, probabilmente perché lo consideravano un nemico della patria, data la cattiva influenza da lui esercitata sullo Zar, e che stava allontanando la famiglia reale dal suo popolo.

Gli avevano “amorevolmente” preparato dolci avvelenati al cianuro e liquori in abbondanza per stordirlo e consentire al veleno di accelerare il suo effetto. Ma, trascorse alcune ore, Rasputin non dava alcun segno di malore. Presi dal panico (anche data la fama di cui abbiamo detto che godeva il santone), i congiurati decisero di sparargli, abbandonando il corpo nel gelido sotterraneo del palazzo. Tuttavia, quando tornarono, dopo alcune ore, trovarono l’uomo ancora vivo. In preda al (comprensibile) terrore e, forse, alla rabbia (mi spiace, le fonti non riportano le esatte imprecazioni in lingua russa, che sicuramente saranno state pronunciate in quel momento…), il principe ed i suoi complici decisero di sparare di nuovo contro Rasputin ferito, ma, prima di riuscire nel loro intento, egli si alzò, aggredendoli e fuggendo fuori dal palazzo.

Fine della storia? Ancora no. Gli assassini lo seguirono e gli spararono di nuovo, colpendolo alla testa ed alla spina dorsale. “Beh, ora sarà morto”, si dissero con un sospiro di sollievo. Secondo voi? Ovviamente no! Era ancora vivo e si agitava nella neve. Dovettero prenderlo a calci e pugni per riuscire a finirlo!

Sembra la barzelletta del signore che cade dall’ultimo piano di un palazzo ma che fortunatamente rimbalza prima sui panni stesi, poi su un ombrellone, poi sul tendone di un negozio… finché non devono sparargli per ucciderlo!

Morale della favola: per diventare un assassino serio è bene non improvvisare. Probabilmente la colpa di Yusupov e dei suoi “scagnozzi” fu quella di non aver letto i classici: se avessero appreso da Platone dell’esistenza della cicuta, veleno molto efficace fin dai tempi di Socrate, la storia sarebbe andata diversamente… ma, a pensarci bene, San Pietroburgo avrebbe perso il fascino di una delle sue più coinvolgenti “leggende metropolitane”.


Enrica Piazza III F

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